1.5 Il film non ha più un corpo
Il film nella sua forma finita, oggi, non è più solo una pellicola.
La moltitudine di supporti per la distribuzione ha spezzato l'associazione tra il «contenuto» del film, ovvero le immagini che lo compongono, e il suo supporto, tradizionalmente negativi e positivi in pellicola, ora dischi ottici, schede di memoria a stato solido, hard disk o nastri magnetici.
"Film", il termine inglese che indica la "pellicola", è divenuto ormai obsoleto.
Il film è trasferibile su supporti diversi senza perdita di dettaglio, a differenza della stampa per contatto del positivo con il negativo che causava aumento della grana e il rischio di graffi e sporcizie.
Lo stesso DVD può contenere più film, la memoria di un computer può ospitarne anche centinaia, e ormai non esiste più un solo oggetto fisico direttamente identificabile con il film. Può invece esistere un suo analogo virtuale nell'interfaccia grafica di un computer, sotto forma di icona con cui l'utente deve interagire per lanciare il filmato. Tale associazione cambia però col cambiare del sistema operativo su cui si trasporta il film.
Il film non ha più un corpo, è da identificare con le sue stesse immagini, con la sua anima. «Entra» in un iPod dopo essere uscito da un DVD; una scena scaricata da internet si può copiare su un cellulare; ogni formato video è convertibile in un altro.
Il cinema condivide alcuni principi fondanti con un altro settore dell'industria delle arti, per molti aspetti analogo: la fotografia.
Da diversi anni ormai la pellicola fotografica è caduta in disuso, soppiantata da soluzioni digitali, e questo sia in ambito amatoriale che in contesti professionali. Fotocamere digitali accessibili a chiunque permettono di scattare fotografie senza curarsi del costo di stampa, e registrare su schede di memoria migliaia di immagini, da riversare e rivedere su computer. Le fotografie vengono poi condivise o stampate, perché non si è sicuri di possedere una copia della fotografia se non la si stampa, estraendola dallo spazio virtuale del computer, da cui ogni documento prima o poi viene cancellato.
Il film in pellicola è ancora identificato col suo supporto come lo è una fotografia con la sua stampa su carta: l'immagine che si può vedere nella fotografia e l'oggetto fotografia sono la stessa cosa.
Ogni associazione tra contenuto e supporto è però inevitabilmente destinata a cadere, sia che si tratti di film, fotografie, testi o audio.
Un’analoga operazione di sorpasso tecnologico è avvenuta in occasione dell’abbandono del disco in vinile in favore del Compact Disc, a cominciare dal 1982. Sebbene da quel momento in poi la musica immessa sul mercato è stata tutta in alta qualità digitale, inizialmente alcuni appassionati rimpiangevano il vecchio supporto, a loro dire capace di restituire un suono più caldo e pastoso. Ma si trattava solo di una questione di abitudine perché l’ascolto di un vinile oggi ci appare sporcato da troppi fruscii e degradazioni.
Vinile o CD, si tratta comunque di un supporto fisico, di un «disco». Il motivo per cui il paragone con il film è davvero calzante, è che anche la musica, con largo anticipo, ha lasciato il suo corpo, il disco, per assumere le svariate forme che il digitale supporta. Dal file MP3 per lettori portatili alla suoneria per cellulari, al file per i software di karaoke.
Si tratta di forme liquide che possono nuovamente essere «congelate» in un CD.
Il film, la fotografia o la canzone, non solo hanno cento corpi, diversi per ogni supporto che li contiene, ma si potrebbe pensare che abbiano anche un’anima «corrotta» per via della loro natura digitale. Questo dubbio potrebbe nascere dalla consapevolezza che l’immagine in transito da un computer finisca sempre in qualche modo per essere «ritoccata».
Tralasciamo come le ottiche cinematografiche, le luci sul set, il montaggio, possano forse già essere considerati come un grande ritocco alla realtà per la messa in scena. Il Prof. Fabio Amerio, docente presso l'Accademia delle Belle Arti di Carrara, nonchè fotografo e studioso di arte multimediale, prende così posizione:
L'«Arte» perde la sua «aura» allorché la fotografia, già contaminata dalla tecnica ripetitiva, falsificatrice e aleatoria del mezzo, con l'introduzione del computer, offre sempre meno credibilità. [...] sarebbe come dire che la tipografia danneggia il libro perché i codici miniati del XII secolo sono più belli dell'Universale Economica degli anni Cinquanta.[18]
Quanto a lungo ancora saremo legati al corpo centenario del film, ai suoi graffi, alla sua grana?