3.2 Pirateria off-line e on-line
La duplicazione illegale dei film in VHS alimentava un florido mercato clandestino capace di rendere disponibili i maggiori titoli quando questi erano ancora in programmazione nei cinema, se non addirittura prima.
L'industria cinematografica nell'adottare le soluzioni digitali degli ultimi anni non ha mai permesso che il film fosse del tutto slegato da una copia fisica, quindi da un oggetto che si identificasse in esso, perché ciò ridurrebbe le possibilità di controllo sul suo utilizzo e i profitti che se ne potrebbero trarre. La copia non autorizzata è considerata dall'industria dei film una minaccia per la propria sopravvivenza.
In Italia la FAPAV, Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva, svolge attività per la tutela e la promozione dell'industria audiovisiva e cinematografica, mirando a combattere la distribuzione illecita di materiale audiovisivo.
Secondo la FAPAV, la pirateria audiovisiva propriamente detta è la duplicazione non autorizzata di film destinati alla proiezione, che con la complicità di persone che lavorano nell'ambito del doppiaggio o della post-produzione vengono trasferiti su DVD per poi essere illegalmente venduti al pubblico tramite venditori ambulanti, sul mercato clandestino.
A questa tipologia di pirateria, la FAPAV accosta anche altre forme di utilizzo illecito di materiale coperto da copyright, come la trasmissione di film da parte di emittenti che non ne detengono i diritti, la proiezione pubblica di copie di film destinate invece ad un uso privato, la duplicazione di DVD da parte degli stessi titolari di videoteche al fine di ottenere ulteriori copie per il noleggio, il download via internet di copie illegali, e la ricezione abusiva del segnale di pay-TV satellitari.[79]
Il film Disney Ratatouille (Brad Bird e Jan Pinkava, 2007) era reperibile in strada come copia pirata ancora prima del suo arrivo nelle sale.
Finora, le nuove uscite sottratte indebitamente alla distribuzione ufficiale hanno sempre presentato una bassa risoluzione video. Filippo Roviglioni, ex presidente FAPAV, ad una recente conferenza si lamentava però di una novità: «Ratatouille si trova da subito in ottima qualità. Anche perché il giro d’affari dei pirati ha raggiunto quello dei produttori legali: 1 miliardo di euro l’anno, cifra che gli ha permesso di raffinarsi».[80]
Negli Stati Uniti, già due settimane prima della presentazione ufficiale di Hulk (The Hulk, Ang Lee, 2003), era disponibile on-line una copia pirata del film. Universal ha attribuito a tale episodio la colpa dello scarso successo del film al botteghino, per poi stimare il danno economico subito in cento milioni di dollari.[81]
In Asia la pirateria endemica soffoca il mercato degli audiovisivi, soprattutto di quelli americani. Nel 2001 sono stati scoperti 74 stabilimenti industriali per la duplicazione di film.[82] Secondo alcune stime, in Cina il 95% delle vendite di supporti per l'home video avrebbe una provenienza illegittima.[83]
Un sistema piuttosto diffuso, che permette a semplici spettatori di registrare un film dal cinema, magari in occasione di un'anteprima non pubblica, è la ripresa dell'immagine sullo schermo mediante una telecamera. Tramite computer, il film viene poi codificato in un formato idoneo alla sua diffusione in rete. Al nome del file viene inclusa la sigla "CAM", che avverte appunto che la qualità video non è eccellente e che la registrazione può presentare disturbi, quali ombre o risate del pubblico.
Il nome del file può indicare anche il nome del gruppo pirata responsabile della sua diffusione. I componenti di tali team, la cui identità è sempre celata da pseudonimi, competono con i gruppi rivali nel tentativo di distribuire il maggior numero di titoli, o quelli più prestigiosi. L'insieme dei gruppi pirata, o release team, compone quella che in gergo è detta la scena.[84]
Riprendere clandestinamente le proiezioni, sistema detto bootlegging, sebbene agisca a discapito della qualità, garantisce sicuramente una buona tempestività. Per arginare tale fenomeno, si è ricorso all'impiego in sala di ispettori dotati di visori a infrarossi, metaldetector e rilevatori di elettromagnetismo, in Italia usati in occasione della Festa del Cinema di Roma del 2006.
Come "CAM", un'altra sigla che identifica il processo con cui si è ottenuta la copia del film è "DVDrip", che indica una copia del film in DVD come iniziale sorgente del file pirata. Dato che negli Stati Uniti può essere lanciato in DVD un film anche prima che questo esca nelle sale di un altro Paese, è possibile trovare in rete versioni di film che uniscono l'alta qualità video del DVDrip all'audio doppiato in una lingua localizzata, registrato dalla sala.
I maggiori codec impiegati per la codifica e la riproduzione di film e di materiali audiovisivi di una certa durata sono il DivX e l’Xvid, un suo derivato, così diffusi che la possibilità di leggere tali formati viene tuttoggi integrata nella maggior parte dei lettori DVD da tavolo.
Tuttavia si nota la tendenza a rilasciare film tramite i codec Theora, H.264 e Windows Media Video, anche in vista della loro garanzia di buone performance nell'impiego su filmati ad alta definizione.
Le copie illegali dei film hollywoodiani presentano spesso una caratteristica interessante: la sigla "SCREENER", se presente nel nome del file, indica che il film è una copia di valutazione, originariamente destinata a giudici di concorsi, giornalisti o operatori del settore, ma non al pubblico, come ricordano le marcature in sovrimpressione che scoraggiano la vendita e il noleggio di tale copia.
Gli screener sono copie che, per una falla nel percorso che precede l'uscita del film, vengono spesso rese pubbliche da un insider, ovvero una persona che lavora all'interno del sistema distributivo o della post-produzione. Una copia così trafugata è detta leaked.
Un'ulteriore sigla che, più raramente, è possibile trovare ad indicazione dell'origine del film digitale è "WORKPRINT". È il caso del film Hulk, sopra citato, che nella versione illegale distribuita on-line presentava delle sequenze non ancora completate dagli effetti in computergrafica.
Uno studio del 2003 rivela che in quell'anno il 77% dei film reperibili in rete era riconducibile dall'attività illecita di un insider; nello stesso anno solo il 5% dei film pirata ha fatto la sua comparsa on-line solamente dopo essere stato pubblicato in DVD.[85]
È tuttavia importante segnalare una distinzione tra la pirateria off-line, che presuppone che lo spettatore paghi per una copia pirata, alimentando così il giro d’affari del mercato criminale e negando utili all’industria cinematografica, e la pirateria di massa on-line, che invece non muove denaro. Si può notare come, a differenza di imprenditori che duplicano e rivendono illegalmente film ottenuti anche tramite internet, i release team non percepiscano alcun compenso economico dalla loro attività illecita, e siano anzi avversi a qualunque forma di vendita del materiale pirata, sia on-line tramite siti illegali di warez[86] che tramite venditori ambulanti, legati quindi a una copia fisica.
Ciò che anima questa tipologia di pirati, analogamente a come accade per i writers[87] che dipingono clandestinamente interi vagoni ferroviari, è l'orgoglio di diffondere il nome del proprio team, anche inserendolo in sovrimpressione dopo i titoli di coda di un film. Sebbene essi lo considerino una sorta di gioco epico tra clan rivali, è evidente che la loro visione del concetto di copyright non coincide affatto con le esigenze delle major hollywoodiane.
Il fenomeno della condivisione di file via internet, in continuo aumento grazie alla diffusione sempre più ampia di connessioni a banda larga, permette ad un numero crescente di spettatori di fruire di opere cinematografiche ottenute attraverso circuiti illegali.
Il software Napster rappresenta un ottimo esempio di come la pirateria possa dare origine ad un modello commerciale. Tale applicazione, lanciata nel 1999, che implementava il modello peer-to-peer (P2P, ovvero da utente a utente), era stata concepita come un modo per condividere via internet una parte della memoria del proprio hard disk, con la possibilità di accedere alle cartelle condivise di tutti gli altri utenti.
Napster ebbe un successo esplosivo, arrivando a contare oltre un milione di utenti solo in Italia[88], tanto da rivoluzionare le modalità di fruizione di musica da parte dei giovani, ma danneggiando pesantemente il mercato discografico: il P2P permette ad esempio di ottenere un brano di successo senza dover comprare l'intero album; addirittura sorpassa l'offerta del mercato legale, facendosi piattaforma di distribuzione di brani rari, composizioni originali e registrazioni inedite.
A causa della violazione di massa del copyright, furono intentate diverse cause legali che infine imposero nel 2001 l'interruzione del servizio a Napster, che venne poi convertito in un negozio di musica on-line.
Nel 2002 il modello P2P ha trovato una migliore applicazione nel protocollo BitTorrent, che si faceva carico, in congiunzione con altre tecnologie come il codec DivX, della condivisione di film e di intere serie televisive.
Indipendentemente dai risvolti etici che determina, la pirateria ha il merito di avere reso disponibili a tutti tecnologie per il trasferimento di file su larga banda, procedimento che non a caso oggi trova impiego in molte attività lecite.
BitTorrent costituisce ora un nuovo modello di business per Hollywood, che può avvalersi dell'eccellente funzionalità di consegna di file richiesti da molti utenti contemporaneamente. La compagnia BitTorrent, che mantiene il protocollo omonimo, ha stretto accordi con Warner Bros., 20th Century Fox, MGM, nonchè con Playboy e produttori di contenuti affini.[89] BitTorrent mette in vendita i contenuti dei suoi partner, e ne distribuisce gratuitamente trailer e contenuti extra.
Il modello di business distributivo concepito in seno alle attività pirata si evolve ora in formule per il download legale di musica e film, il cui 70% è raccolto dal solo iTunes Store Apple.[90]
L’industria musicale e quella cinematografica, nel tentativo di scoraggiare ogni utilizzo dei propri contenuti diverso dalla fruizione privata, hanno adottato diverse misure tecniche per prevenire la diffusione di copie digitali.
Il Digital Millennium Copyright Act, approvato dal Congresso degli Stati Uniti nel 1998, impone ad ogni produttore di sistemi video digitali e analogici di supportare il sistema anticopia Macrovision, sviluppato dall'omonima azienda, lo stesso che protegge la maggior parte dei DVD commerciali. Il Digital Millennium Copyright Act, unitamente a una direttiva equivalente emessa nel 2001 dal Parlamento europeo, la European Union Copyright Directive, definiscono con precisione quali siano i diritti dei detentori del copyright sulle opere d'ingegno, oltre che promulgare nuove norme riguardo alle misure tecnologiche di restrizione dei diritti.
Le aziende legate alla produzione e alla distribuzione digitale di opere d'ingegno, nell'intento di tutelare i propri interessi limitando l'uso che gli utenti possono fare dei file digitali, hanno promosso la diffusione di sistemi
DRM (Digital rights management, gestione digitale dei diritti).
Il termine raccoglie le diverse forme di tecnologie per il controllo o la restrizione dell'accesso ai file digitali, e per la limitazione o l'inibizione della riproduzione della copia su un supporto diverso dall'originale.
Tuttavia il DRM, che per le restrizioni che impone è stato decretato illegale in alcuni paesi[91], appare più che altro come una pratica volta a vincolare gli utenti ad una specifica tecnologia ad interoperabilità limitata, a vantaggio quindi di una cerchia ristretta di aziende. È il caso della musica, dei video musicali e dei film acquistati presso l'iTunes Store, che sono riproducibili solo su iPod o altri dispositivi Apple.
I sistemi DRM che dal 2002 proteggevano i CD audio delle maggiori compagnie discografiche, si sono rivelati presto inefficaci, perché aggirabili con appositi software di facile reperimento. Inoltre, il fatto che il DRM limitasse anche alcuni usi leciti del supporto, come la riproduzione tramite il lettore CD di un computer, ha contribuito alla decisione di tutte le maggiori compagnie discografiche[92] di cessare completamente l'utilizzo di ogni sistema DRM.
Come per i sistemi anticopia impiegati nei CD audio, la totalità delle tecnologie di protezione per i DVD è neutralizzabile mediante l’impiego di software molto diffusi, così come il sistema Macrovision. Persino le protezioni digitali dei nuovi formati Blu-Ray e HD-DVD sono state violate.[93] Allo stato attuale, non risulta presente sul mercato un sistema di prevenzione della duplicazione che non risulti possibile aggirare.
Nelle sale cinematografiche italiane, prima della proiezione del film, viene mostrato agli spettatori uno spot istituzionale che ricorda come scaricare un film dalla rete equivale a rubarlo, e che questo costituisce un reato alla stregua di un furto d'auto o di una borsa.
Tale messaggio, che mira ad un forte impatto emotivo, potrebbe sembrare inadatto ad essere mostrato agli spettatori in sala, che sono fruitori paganti.
Si può immaginare che la decisione di mostrare lo spot e ammonire i clienti legittimi più che i pirati scaturisca dalla consapevolezza che il downolad dei film è un fenomeno diffuso a tutti i livelli sociali, non controllabile tecnicamente, e che soprattutto viene ormai percepito come un'infrazione tollerabile.
La pirateria on-line può essere considerata come una reazione ad un vecchio sistema produttivo e distributivo, il cui intento sembrerebbe quello di aumentare i propri profitti sottraendo diritti elementari all'acquirente perché incapace di tenere il passo coi tempi.
Il sistema dell'entertainment vede oggi ridotti i grandi profitti di cui godeva, minacciato dalla libertà che l'alfabetizzazione informatica apporta all'utente finale, ora non più destinatario passivo ma coscienzioso acquirente dei soli prodotti che egli reputerà validi.
Si diffondono così in rete le iniziative di gruppi di persone che si adoperano affinchè le opere dell'ingegno finanziate con soldi pubblici siano rese pubblicamente accessibili[94], o che, come nel caso del collettivo che ha dato vita al progetto iwouldntsteal.net, si fanno carico di azioni di guerriglia mediatica a favore del P2P:
L'industria dei media ha fallito nell’offrire vantaggiose alternative legali alla condivisione on-line e fallirà nel convincere i consumatori che condividere equivale a rubare. Sfortunatamente, ha avuto successo in un’altra area: nell'esercitare pressioni lobbistiche sui legislatori, in modo da mettere fuorilegge la condivisione e trasformare i consumatori in criminali. L'industria sostiene che le sue leggi siano necessarie per difendere i diritti degli artisti, ma in realtà ciò che sta proteggendo è solo il proprio profitto.[95]
In conclusione, sebbene la pirateria via internet abbia decretato la crisi di un intero sistema mediatico-industriale e minacci gli equilibri dell'industria cinematografica mondiale, allo stato attuale non è possibile stabilire con certezza se ed eventualmente quanto la violazione di massa del copyright danneggi realmente la produzione e la diffusione di nuove opere.