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4.3 Recitazione non attoriale

Abbiamo osservato come il momento delle riprese sul set abbia ormai meno peso nella realizzazione di un film che si avvale invece di tecnologie innovative.

Al centro dell'azione c'è sempre l'attore, che però non necessariamente è presente come persona in carne ed ossa.

Già nel 1988 il film Chi ha incastrato Roger Rabbit (Who Framed Roger Rabbit, Robert Zemeckis, 1988) presentava al grande pubblico la possibilità di integrare azione dal vivo e cartoon disegnato a mano. Nel film, i personaggi in cartoon tengono in mano oggetti reali, fanno cadere il mobilio che urtano, guidano veicoli autentici. Gli attori sul set hanno quindi dovuto recitare senza che i loro interlocutori di celluloide fossero già presenti nell'azione. Nel film Alvin Superstar (Alvin and the Chipmunks, Tim Hill, 2007) si ritrova la stessa operazione, cioè l'inserimento di personaggi virtuali (stavolta realizzati in grafica tridimensionale) su uno sfondo ripreso dal vero, con attori reali. Gli attori hanno dato le battute guardando il vuoto, immaginando come i chipmunk[134] reagissero alle loro azioni e muovendosi di conseguenza.

Alcune volte può capitare che l'attore debba interagire con la sua stessa immagine (Il ladro di orchidee, Adaptation, Spike Jonze, 2002) o addirittura abbracciare (Uomo d'acqua dolce, Antonio Albanese, 1996) o schiaffeggiare un'istanza di sè stesso (La cité des enfants perdus, Marc Caro e Jean-Pierre Jeunet, 1995). Per realizzare tali sequenze, l'attore viene ripreso in diverse posizioni, recitando più parti, mentre interagisce con il vuoto o con altri attori che poi in digitale verranno sostituiti con la sua immagine.

Il risultato è un quadro composto in cui lo stesso attore impersona più ruoli.

 

Lo sceneggiatore che sa di poter contare sul compositing digitale può quindi elaborare la narrazione mediante forme letterarie più complesse. È il caso dei film appena citati, che in maniera innovativa mettono tutti in scena variazioni dell'antico tema del doppio.

 

Oltre all'inclusione di elementi sintetici in ambienti concreti, o viceversa (Sky Captain and the World of Tomorrow, Kerry Conran, 2004; Fascisti su Marte, Corrado Guzzanti e Igor Skofic, 2006), l'adozione di sistemi digitali di manipolazione delle immagini apporta la possibilità di intervenire sul girato, accentuando o rimpiazzando alcuni tratti dell'immagine.

 

Nel film The Mask (Chuck Russell, 1994) l'attore protagonista Jim Carrey mostra le esagerate espressioni facciali tipiche della sua recitazione.

L'intervento del computer ha amplificato tali espressioni, deformando ed esagerando i tratti del suo volto, dotandolo di una 'maschera' digitale.

Alla luce delle possibili modificazioni del corpo apportate dall'applicazione di protesi digitali, il ruolo dell'attore sta subendo un deciso ridimensionamento. Egli è tuttavia ancora necessario per via della sua componente biologica, perché «ci mette la carne», quanto serve per mantenere evidente il carattere umano del personaggio.

Un altro film che presenta elaborazioni del corpo dell'attore è La morte ti fa bella (Death becomes her, Robert Zemeckis, 1992), in cui si ricorre ad un uso intensivo del bluescreen e di mascherature di colore blu, apposte su quelle parti del corpo che dovevano essere cancellate per essere poi sostituite da una loro copia virtuale. Nel film, i corpi così ricreati, a differenza di ciò che l'essere umano possa fare realmente, vengono dilatati come gomma, forati, spellati.

 

George Lucas ha sempre alimentato la ricerca e lo sviluppo tecnologico per il cinema, raggiungendo traguardi importanti anche sul fronte della sofisticazione delle riprese dal vivo.

Per Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma (Star Wars: Episode I - The Phantom Menace, 1999), Lucas riesce a trasferire volti ed espressioni degli attori da una ripresa all'altra. La padronanza assoluta degli strumenti creati dalla Industrial Light & Magic ha permesso inoltre di comporre espressioni facciali combinando le diverse parti del volto degli attori, riprese in momenti diversi.[135]

Aumenta il divario tra la recitazione di stampo teatrale, che poggia sulla centralità della performance, e una nuova recitazione cinematografica digitale, che, assecondando un'inclinazione produttiva e non più riproduttiva, non offre alla macchina da presa l'azione per intero, ma solo alcune sue parti, perché queste possano essere manipolate e ricomposte.

 

Per molti registi deve essere sicuramente stimolante l'idea di poter disporre di un cast virtuale con cui rimpiazzare l'attore, liberandosi di tutti i problemi legati alla recitazione dal vero. Alfred Hithcock esaltò le proprietà dei personaggi dei cartoon, invidiando a Walt Disney il miglior cast possibile: «se non gli piace un attore, lo straccia!»[136]

Ripercorrendo la storia del cinema, si nota come sia stato proprio il cartoon a 'incarnare' una libertà d'azione impossibile per la performance umana: Fantasia (Walt Disney's Fantasia, registi vari, 1940), The Flat (Byt, Jan Svenkmeier, 1968), Pink Floyd: The Wall (Alan Parker, 1982).

 

Si trattava di recitazione non umana anche nel caso dei pupazzi animati e degli animatroni[137] (Star Wars - Il ritorno dello Jedi, Star Wars: Episode VI - Return of the Jedi, Richard Marquand, 1983; Labyrinth, Jim Henson, 1986; Meet the Feebles, Peter Jackson, 1989). Il pupazzo ha valenza simbolica, e viene realizzato con una forte caratterizzazione che si rispecchia nel suo aspetto. Per dotarlo di una capacità espressiva che possa stimolare lo spettatore sul piano emotivo, la sua gamma di espressioni viene disegnata tenendo come modello il volto umano. Questo vale per la gommapiuma come per i pixel (Toy Story, John Lasseter, 1995; Shrek, Andrew Adamson e Vicky Jenson, 2001).

 

La nuova frontiera dell'animazione digitale ha quindi raccolto la sfida più grande: la clonazione dell'attore umano.

Attori sintetici indistinguibili da persone in carne ed ossa hanno fatto la loro prima apparizione in Final Fantasy (Final Fantasy: The Spirits Within, Hironobu Sakaguchi, 2001), in cui tutti gli ambienti e i personaggi sono stati ricreati al computer con un impressionante fotorealismo, ancora maggiore nel successivo Final Fantasy VII: Advent Children (Tetsuya Nomura e Takeshi Nozue, 2005). È curioso notare come la protagonista virtuale Aki Ross abbia conquistato copertine e calendari, alla pari di attrici realmente esistenti, che proprio perché reali risultano quasi mancanti della sua perfezione artificiale.

L'uomo compete con la natura nella creazione del bello, e a volte la supera, dando vita a creature prive di imperfezioni. La natura però è sempre presente, suggerendo il canone di bellezza da seguire.

 

Per la trilogia de Il signore degli anelli (The Lord of the Rings, Peter Jackson, 2001, 2002, 2003), l'attore Andy Serkis ha recitato sul set indossando una tuta speciale, provvista di sensori e di marcatori, permettendo così di animare il personaggio di Gollum con la tecnica del motion-capture. Gli animatori del film hanno ricalcato le espressioni facciali dell'attore riprese in 35mm, fotogramma per fotogramma, adattandovi il movimento del modello tridimensionale di Gollum. Lo stesso Serkis ha prestato ancora il suo volto all'animazione del King Kong di Peter Jackson (2005). Per le riprese sono stati apposti 132 marcatori sul volto di Serkis, per poterne catturare ogni movenza. Gli sguardi e le smorfie dello scimmione risultano essere estremamente convincenti ed espressivi.[138]

Le moderne tecnologie di scansione tridimensionale permettono di copiare i tratti di un volto in un modello tridimensionale animabile a piacimento. Un attore che si facesse clonare rischierebbe paradossalmente di farsi rubare il lavoro dalla sua stessa immagine.

In realtà la legislazione americana tutela i diritti che gli attori detengono sulla propria immagine. Un caso giudiziario si è risolto con la condanna di un'agenzia pubblicitaria che aveva utilizzato l'immagine di un sosia di Woody Allen, senza specificare che non si trattava realmente del personaggio famoso.[139]

Nel 2004 Robert Zemeckis realizza un particolare film di Natale per bambini, Polar Express (The Polar Express), in cui tutte le azioni dei personaggi sono state catturate e riprodotte con la tecnologia del performance-capture, che associa al movimento registrato dal vivo l'animazione di modelli umani tridimensionali. Per il film, l'attore Tom Hanks ha dato corpo e volto a cinque distinti personaggi.

In casi come questo, chi opera sul set è una sorta di attore-marionettista, che attraverso il suo corpo ne muove un altro, ma senza usare croci o fili.

L'attore digitale cambia volto come può cambiarsi d'abito.

 

Internet e videogame hanno sottratto al cinema il primato nell'industria dell'entertainment.

Al film si affiancano nuove forme di audiovisivo di sintesi, prodotti talvolta cinematici ma non cinematografici, come nel caso dei machinima. Il termine, contrazione di machine cinema, indica una gamma di tecniche per sfruttare le risorse dei videogame con il fine di realizzare degli audiovisivi. I machinima così prodotti non sono esistenti sotto forma di filmato finito, ma solo come istruzioni perché un computer possa riprodurre, calcolandole ogni volta, le immagini del filmato. A computer spento, il film non esiste.

Gli eroi dei videogame, prima guidati tramite gamepad nell'azione del gioco, diventano ora fantocci da mettere su un set e far recitare, prestando loro la voce. L'operazione è molte volte resa divertente dalla divergenza tra il carattere epico e sobrio, spesso originario del personaggio, e le personalità improbabili che gli si possono attribuire.

 

La realtà virtuale non è più un'esperienza individuale: la connettività è divenuta un suo carattere fondamentale, insieme alla possibilità di interazione tra utenti, all'interno del cyber-spazio in cui ognuno controlla l'immagine che gli altri hanno di lui. Nel 2007 è stato realizzato il primo lungometraggio interamente 'girato' nella realtà parallela di Second Life, Molotov Alva and his search for the creator: a Second Life odyssey (Douglas Gayeton, 2007).[140]

 

Le società americane Activision e Lionhead Studios hanno rilasciato nel 2005 il videogame The Movies, in cui il giocatore deve gestire set cinematografici sul modello hollywoodiano e risolvere quei problemi che realmente si presentano nella produzione di un film. The Movies però va oltre la semplice simulazione di un set, permettendo al giocatore-regista di mettere in scena, girare e montare un film con gli elementi messi a disposizione nel gioco.

Su internet sono così fioriti spazi in cui gli utenti hanno pubblicato i loro film e cortometraggi realizzati attraverso The Movies.

Sarebbe un po' come fare un film utlizzando manichini animati al posto di attori, ma sistemi come questo, in grado di offrire gli strumenti per visualizzare l'azione scegliendo la giusta inquadratura o effettuare correttamente movimenti di macchina, seppur virtuali, da esercizio didattico possono anche divenire uno strumento di progettazione.

 

George Lucas, alla luce delle numerose motivazioni che spingerebbero a rinunciare all'utilizzo di esseri umani nella recitazione, riporta tutti con i piedi per terra:

Un computer può riprodurre Tom Hanks o chi per lui, sono cose che in effetti già facciamo per le scene d'azione più spettacolari, ma non si può riprodurre la voce di un attore, nè tantomeno la sua mimica facciale e il suo linguaggio del corpo, parti fondamentali della recitazione. Fare una cosa del genere significherebbe semplicemente creare la caricatura digitale di un attore. Recitare è e resterà un'espressione soltanto dell'essere umano.[141]

 

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