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4.5 Sotto gli occhi di tutti

L'immagine registrata da una videocamera digitale è molto nitida, i suoi contorni netti, i colori riportati con precisione. Questa nitidezza, se sommata ad una corretta messa a fuoco di tutti gli elementi nel quadro, può apparirci finta. Questo problema, esclusivamente percettivo, si fa sentire di più in spettatori che hanno una maggiore confidenza con il modo in cui i film restituiscono la realtà ripresa.

Se isoliamo i singoli elementi che rendono un'immagine più o meno vicina al reale, scopriamo che in realtà questi elementi sono fattori di disturbo o distorsione, come la grana della pellicola o la profondità di campo, e che quindi finiscono per togliere dettaglio all'immagine più che aggiungerne.

Negli anni le ottiche cinematografiche, la pellicola, gli impianti illuminotecnici hanno dato una forma all'immagine cinematografica, che ancora oggi costituisce il modello da seguire per molti direttori della fotografia. Ma il digitale nitido, con i suoi contorni netti e i colori precisi, è reale più della pellicola. Cambia la resa visiva, insieme alla percezione della tridimensionalità dell'immagine, che non è iscritta nell'immagine stessa, ma deriva da un processo mentale[146].

Si può quindi ipotizzare che le nuove generazioni di spettatori, abituate a guardare film girati con videocamere che tendono a ridurre l'effetto di profondità, riconoscano presto la nitidezza digitale come una riproduzione del reale più fedele di quanto non faccia il cinema tradizionale.

Anzi, ai loro occhi le immagini del cinema in pellicola potrebbero apparire come degradate ad arte da una tecnologia ancora imperfetta.

 

Nel 2006 Mel Gibson si avvale della fotografia di Dean Semler per girare in digitale Apocalypto, violento film che descrive il declino dell'impero Maya.

La videocamera ad alta definizione utilizzata è una Panavision Genesis.

In un'intervista, Semler racconta che Gibson, molto curioso in fatto di nuove tecnologie, in qualità di produttore del film era estremamente attento ai costi. Ogni nastro che veniva registrato consentiva un risparmio di circa 7.000 dollari rispetto alla pellicola.

Per le riprese si è fatto uso della Spydercam, un sistema che permette di riprendere con la videocamera appesa all'ingiù:

Dovevamo girare con la Spydercam dalla cima di una cascata alta 45 metri, guardando sopra le spalle di un attore e poi sporgendoci oltre il bordo, letteralmente nella cascata. Pensavo l'avremmo girata in pellicola, ma poi ho montato la Genesis in un leggero scafo impermeabile. [...] Abbiamo girato due nastri da quindici minuti senza problemi, anche se una volta è entrata acqua e si è appannata. [...] Amo la pellicola, e probabilmente girerò ancora in pellicola, ma questa per me è davvero stata una rivelazione.[147]

In alcune scene del film, però, la capacità della Genesis di catturare la luce si è rivelata insufficiente. Si è quindi dovuto ricorrere alla sensibilità della pellicola, montata su una Arri 435[148], superiore nelle particolari condizioni di luce delle foreste pluviali del sud del Messico.

 

Un altro film girato in digitale che ha attirato l'attenzione attorno alla sua resa della luce è Collateral (Michael Mann, 2004). Tra le tre videocamere ad alta definizione usate in questo film si distingue la Thomson Viper FilmStream, camera a tre sensori, capace di catturare un'immagine grande 1920 x 1080 pixel, e di registrarla in formato non compresso, permettendo un notevole controllo in post-produzione. Uno dei punti di forza della Viper è la possibilità di girare in condizioni di luce scarsissima, il che ha permesso a Dion Beene, direttore della fotografia del film, di sfruttare l'illuminazione notturna della città di Los Angeles per conferire al film l'atmosfera cupa che lo contraddistingue:

[girare in digitale] è una situazione da cui non si torna indietro. Per me, gira tutto attorno a quale formato si adatti meglio al progetto e alla storia, e [l'alta definizione] costituisce un ulteriore strumento per il filmmaker. È così che la vedo. Ovviamente, la sua introduzione ha prodotto in risposta una grandiosa nuova serie da parte della Kodak. Credo gli abbia dato una spinta.

Anche in Italia si girano film in high definition. Davide Ferrario, autore di Dopo mezzanotte (2004), un film sull'amore per il cinema del passato, realizzato con i moderni strumenti del cinema digitale e con numerosi effetti di emulazione dei primitivi effetti speciali, racconta il perché della sua scelta:

È venuta fuori, allora, la proposta dell'alta definizione da parte di Dante Cecchin, la maggior autorità italiana sull'argomento. Abbiamo fatto dei test, m'ha convinto e l'ho invitato a fare il direttore della fotografia. Dal punto di vista economico era sostenibile, anche perché ci risolveva molti problemi. In un quarto d'ora illuminavi la scena, con metà delle persone utilizzate normalmente per un set. Quello è il vero vantaggio: la possibilità che hai di lavorare meglio, in tempi molto più ridotti. Però devi anche sapere cosa vuoi, cosa cerchi. Perché non è vero che in sé il digitale costa di meno. Inoltre, ci sono dei progetti che puoi fare in digitale, altri no.[149]

Gian Filippo Corticelli ha curato la fotografia di Paz! (Renato De Maria, 2002), un film che intreccia le vicende di vari personaggi nati dalla matita del fumettista Andrea Pazienza, dal carattere surreale e fantasioso, legato alle mobilitazioni studentesche del 1977 a Bologna.

Questa è la sua testimonianza sulla scelta che lo ha portato a girare con videocamere DVCAM:

Una delle domande che più frequentemente mi veniva rivolta durante la lavorazione di Paz! era: "bella questa scena, ma sul grande schermo come verrà... peggiorerà... migliorerà?" Un'ulteriore conferma quindi del carattere sperimentale e sconosciuto ai più del digitale. [...]

I film girati in digitale che mi è stato possiblie visionare prima di Paz! erano orientati verso una fotografia che prevedeva una struttura illuminotecnica fondata esclusivamente sull'uso della luce naturale o di quella artificiale già presente nella scena. Nel caso di Paz!, invece, ho cercato di "dominare la situazione", di forzarla in alcuni casi controllando le situazioni di luce, come se stessimo girando in pellicola. Il procedimento faticoso di messa in scena che ne è conseguito mi ha tuttavia dato i risultati che speravo.[150]

È necessario fare presente come il film sia stato prodotto con un budget molto ristretto, che non avrebbe potuto coprire gli alti costi della pellicola.

Che si tratti di finanziamenti o di stile, Corticelli, come Beebe, concepisce i vari formati digitali come tanti elementi che vanno ad accrescere il ventaglio di scelte per produzioni e direttori della fotografia:

Dopo questa esperienza posso dire di avere una possibilità in più quando mi trovo a dover "visualizzare" un progetto destinato a essere proiettato. Accanto al 35mm, al 16mm gonfiato, al super35mm portato a cinemascope, ecc. ora so di poter contare anche sul dvcam. Sarà più adatto a certi film, meno ad altri ma è sicuramente uno strumento in più per registi e direttori della fotografia. [151]

 

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